Un motto alchimista recita:non esistono ricette.
Questa verità empirica, che ci infastidisce intaccando il nostro bisogno di garanzie e di strade certe, ci riporta a un ascolto attivo, a uno stato di presenza.
È senz’altro più facile percorrere una strada già tracciata – per esempio, il tragitto lavoro-casa è ben noto e viene compiuto in maniera automatica. Ma è quando ci perdiamo che si riattivano i sensi, che gli occhi e la mente devono iniziare a “ballare la tarantella” per trovare un indizio che ci riporti su una via familiare.
Il motto alchimista non si riferisce solo al fatto che per crescere bisogna uscire dalla propria comfort-zone, ma anche a quella tendenza umana che i taosti indicano con l’espressione “cercare di piantare un chiodo nel cielo”, cioè cercare una stabilità dove in realtà non c’è.
È il motivo per cui, ad esempio, una dieta può dare risultati notevoli a qualcuno e non a qualcun altro. Lo stesso può valere per le famose schede di allenamento che vengono fatte in palestra o per le propedeutiche da seguire se si vogliono acquisire le skills in particolari discipline, come nel calisthenics. Non voglio dire che siano strumenti inutili, ma non sono ricette miracolose, sono linee guida, dei supporti che devono essere riadattati strada facendo.
Se volessimo parlare di ascolto attivo in ambito alimentare, ad esempio, la proposta è di mangiare quando si ha fame. Una banalità, vero? Eppure noi mangiamo perché è arrivata l’ora del pranzo, mangiamo per noia, mangiamo per stress, mangiamo per compagnia, mangiamo per compensare carenze di altro tipo. Se le nostre capacità di ascolto sono buone, non solo sapremo quando mangiare ma sapremo anche cosa mangiare.
Non esiste quindi una formula perfetta da seguire in modo meccanico per raggiungere dei risultati. Ogni corpo sa cosa gli serve e spesso le sue esigenze sono in costante mutamento, inafferrabili come tutte le sfumature dell’essere, che mai potranno essere soddisfatte con automatismi.
In generale, è bene sviluppare la capacità di essere presenti, di rilevare e togliere quanti più automatismi è possibile. Sebbene questi abbiano in determinate situazioni la loro utilità, rischiano di recare più danno che guadagno, se non siamo in grado poi di disinserirli all’occorrenza.
Anche in questo ambito degli automatismi, l’allenamento viene in nostro soccorso: ci fornisce uno contesto in cui, tramite vari esercizi, possiamo recuperare la capacità di individuarli ed eliminarli.. A tal proposito, trovo che gli esercizi di equilibrio siano eccellenti: ciò che ci fa rimanere in equilibrio è proprio la capacità di sentire, conoscere e gestire quei fattori dinamici interni, come la posizione del nostro baricentro, o esterni, come le oscillazioni dell’oggetto su cui poggiamo.

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