Penso che l’unica cosa importante tanto quanto il giusto lavoro sia il giusto riposo.
Un’idea che vedo radicata sia nei più esperti sia nei dilettanti è che più fai più ottieni. Perciò si cerca di fare sempre di più.
Ad esempio, è comune che, aumentando l’attitudine, aumenti la frequenza di allenamento. Se sono un professionista, quindi, mi allenerò ogni giorno.

Sono stato anch’io vittima della cosiddetta entropia personale (un concetto derivante dalla fisica e dalla termodinamica, che misura il disordine di un sistema), quella sorta di tendenza o atteggiamento che, con piccoli e costanti miglioramenti, porta a vedere incredibili progressi personali nel lungo periodo. Di contro però, se non vai avanti, inevitabilmente stai andando indietro: bastano piccole trascuranze per cadere in un’analoga, sebbene contraria, situazione di deterioramento.
Così, nonostante mi allenassi diverse ore al giorno, praticamente 7 giorni su 7, quando capitava che, per vari motivi, non fossi in condizione di poterlo fare, mi sentivo irrimediabilmente in colpa, come se stessi regredendo.
Questo concetto di entropia personale è stato anche riassunto con formule matematiche da un professore giapponese. Di per sé, non è sbagliato. Quello che trovo sbagliato è la nostra tendenza a voler semplificare la realtà.

Non sempre non fare equivale a peggiorare, anzi, per peggiorare è quasi sempre necessario fare qualcosa. I processi con cui il corpo si struttura, apprende e cresce sono complessi e la fase di allenamento è solo uno dei tasselli che compone il quadro.

Mi è capitato di trascurare per mesi interi alcuni esercizi o discipline, perché la mia attenzione si era spostata su altro. Nel momento in cui ho ripreso, dopo il naturale rodaggio necessario a un momento di inattività, ho scoperto che non solo non avevo perso nulla delle mie competenze acquisite ma che, in qualche maniera a me incomprensibile, queste erano addirittura migliorate.
Personalmente, come spesso mi accade, vedo nella natura e nella sua stagionalità il motivo di tutto questo. Il suo moto ciclico è suddiviso in periodi di crescita, declino e stasi. Se concepiamo l’inverno, il gelo e le intemperie, come un evento negativo (o la primavera come sua controparte positiva) e gli alberi spogli e gli animali in letargo come un meccanismo di sopravvivenza, cadiamo nel solito inganno di una visione duale, e quindi parziale, della realtà. È solo una nostra convinzione e un nostro punto di vista pensare che un animale in letargo stia sopravvivendo.

Ci sono rettili che, in cattività e in mancanza di condizioni avverse, rimangono attivi tutto l’anno. Capita però che ad alcuni di questi venga comunque indotto il letargo. Risultato? Vivono più a lungo e sono più sani.
Essere in una condizione di penuria, che porta a rallentare il metabolismo fino a spegnersi, è qualcosa che noi concepiamo come traumatico e doloroso. In realtà, fa semplicemente parte della natura e rispettarlo fa bene all’animale.

La luce che arde col doppio di splendore brucia per metà tempo. E tu hai sempre bruciato la tua candela da due parti…”. Celebre battuta del film Balde Runner, che riassume perfettamente il concetto. Noi tutti siamo quella candela, che cerchiamo di rimanere sempre accesi, bevendoci un caffè quando il sonno ci chiama.

I social media, negli ultimi anni, hanno senz’altro contribuito a fomentare questa psicosi, aumentando il senso di inadeguatezza in chi, guardando foto e video, si mette a paragone di realtà non reali. Chi in rete carica dei contenuti fa una selezione e applica un montaggio che mistifica, per apparire al meglio. Per esempio, c’è chi studia le giuste inquadrature, filtri, luci, fa foto-ritocchi e si mette in pose studiate, sforzandosi di contrarre il più possibile ogni muscolo, o si scatta una foto mentre, da finto rilassato, prende il sole su un lettino subito dopo aver fatto una serie di piegamenti sulle braccia (per mostrare muscoli più “pompati” – ribadisco che noi non cresciamo mentre facciamo l’esercizio ma nel periodo seguente, che ha una durata non quantificabile!).

Ribadisco che noi non cresciamo mentre facciamo l’esercizio ma nel periodo seguente, che ha una durata non quantificabile. IL seme germoglia nel buio della terra.
Mi è capitato di ragionare e visualizzare così intensamente un gesto che quando mi sono trovato a farlo era come se lo avessi allenato, come se fosse cresciuto in me, nei miei processi mentali e si fosse tradotto in movimento. Ad esempio, un giorno, conclusa una sequenza di yoga kundalini, mi sono sdraiato sul tatami per eseguire una decina di minuti di rilassamento profondo, come previsto dal kriya in questione. Accanto a me, un coltello da lancio – facile trovarli disseminati nel mio vecchio dojo! Questo probabilmente influenzò il flusso dei miei pensieri: mentre me ne stavo lì sdraiato, i miei pensieri si orientarono spontaneamente nel visualizzare un movimento di lancio che pensavo si potesse fare. Finiti i dieci minuti di rilassamento, mi sono alzato, ho preso il coltello e l’ho lanciato senza pensarci, esattamente così come avevo visto nella mia mente.

Per il tema di questo approfondimento, ritengo sia importante introdurre anche la preziosa nozione relativa alla crescita muscolare, all’ipertrofia muscolare.
Il termine ipertrofia significa “aumento del volume delle cellule”. In questo caso, si fa riferimento a quelle muscolari. Essa viene divisa in due tipologie: quella sarcoplasmatica e quella miofibrillare.
Quella sarcoplasmatica è causata, appunto, da un aumento del sarcoplasma (parte della cellula muscolare), composto prevalentemente da: acqua, proteine non contrattili, organelli e riserve energetiche di glicogeno e lipidi. Avviene in seguito a stimoli di tipo metabolico, creando degli adattamenti strutturali ed energetici nel muscolo. È tipica di chi fa body building e non è necessariamente correlata a un aumento di forza. Infatti, è quella che perdiamo nel più breve periodo di inattività, quel gonfiore muscolare che potremmo quasi considerare uno stato di infiammazione e che si recupera anche molto in fretta non appena riprendiamo ad allenarci.
Quella miofibrillare, invece, viene detta anche ipertrofia funzionale ed è dovuta a un aumento delle miofibrille e delle proteine contrattili actina e miosina. È tipica dei sollevatori di peso e degli sport di potenza, poiché agisce sulla parte contrattile del muscolo, comportando un incremento della produzione di forza.

Se volessimo semplificare, potremmo dire che rappresentano, rispettivamente, l’apparenza e la sostanza.

L’argomento è certamente complesso e ci sarebbe tanto altro da dire, ma questi concetti possono dare un’idea generale del perché, in certe situazioni, strutturo e propongo un allenamento apposito da svolgere anche una sola volta alla settimana. Se mantenuta la costanza, questo sarà sorprendentemente più efficace di quanto si possa pensare. In chi si allena in multifrequenza settimanale, propongo invece una varietà più ampia di esercizi e tematiche, piuttosto che una ripetizione dei medesimi argomenti, proprio per lasciare a ogni cosa il suo tempo.

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