Una delle pratiche che negli ultimi anni mi ha più affascinato è il lancio di coltelli e oggetti di varia natura. La ragione di tale passione sta nell’impressionante mole di informazioni che da un gesto, apparentemente tanto semplice, è possibile cogliere e sperimentare.
Innanzitutto, è un’attività inusuale e potenzialmente pericolosa e, già durante le prime esperienze, si viene immediatamente proiettati fuori dalla propria zona di comfort.
In chi lancia, è possibile leggere una serie di emozioni che si andranno a creare e che conseguentemente si proietteranno sull’oggetto-coltello, come se questo si sintonizzasse sulla frequenza delle emozioni personali:
- se il lanciatore è timoroso, appena lancia il coltello, il suo corpo si tirerà indietro, come a volersi allontanare al più presto dalla situazione, ritraendo, ad esempio, subito la mano. Il coltello, di reazione, dopo aver colpito il bersaglio, rimbalzerà e “tornerà” verso di lui;
- chi invece compie il lancio in maniera scarica, remissiva, di solito fa cadere il braccio senza “rimanere in mira” dopo aver lasciato partire il coltello. In questo caso, anche qualora il coltello dovesse arrivare di punta sul bersaglio, anziché infilzarlo, cadrà per terra con la stessa svogliatezza del braccio del lanciatore;
- se invece chi lancia è nervoso e aggressivo, una volta che il coltello raggiunge il bersaglio, è molto probabile che il bersaglio stesso schizzi via in maniera altrettanto nervosa e imprevedibile, come se esplodesse.
Perché il coltello riesca a conficcarsi come vorremmo, è necessario avere un atteggiamento sereno ma deciso.
Un aspetto quindi interessante di questa pratica è lo specchio che ci offre – motivo per cui, quando non mi sento sufficientemente sereno e deciso, inizio a lanciare finché non raggiungo la giusta calibratura delle mie emozioni. Quando centro il bersaglio è perché ho centrato me stesso.
Inoltre è una pratica che ci permette di affinare la nostra percezione sensoriale. Oltre al giusto settaggio emozionale, necessario per rendere i tiri coerenti e non casuali, c’è il fatto che, per correggere la traiettoria, dobbiamo essere in grado di capire cosa sia accaduto nelle nostre mani mentre abbiamo lanciato, percepirlo sul piano tattile e vedere effettivamente quale impatto il coltello ha avuto sul bersaglio e come ha compiuto il suo volo.
Per questo, consiglio di passare via via a oggetti più piccoli, così che, insieme alla tecnica di lancio, si affini anche la vista e la messa a fuoco, oltre alla concentrazione necessaria a rimanere presenti per non perdere di vista l’oggetto e le sensazioni corporee che ci lascia.
Personalmente, credo che il lancio sia per noi un gesto atavico e catartico. La soddisfazione di compiere dei lanci di successo è davvero una bella emozione. Provare per credere!