Penso che a parlare di paura si possa rischiare facilmente di cadere nel cliché cinematografico del maestro, o sensei, che fa il solito discorso all’allievo alla vigilia della sua grande sfida. Proprio per questo, è un argomento che temo possa farmi dire cose banali.
Voglio però affrontarlo, sfidando, appunto, questa mia paura.

Il connubio tra fuoco e paura è qualcosa che trovo estremamente azzeccato: sono due forze primordiali che hanno garantito la sopravvivenza dell’uomo sin dagli albori.
La paura, così come il fuoco, ha una duplice natura, creativa e distruttiva, in quanto può metterci in moto o paralizzarci, renderci più forti o determinare il nostro annientamento.
È quasi scontato dire che essere coraggiosi non significa non provare paura, un essere che non prova paura affatto è un pazzo che vedrà ben presto la sua fine. La paura, come tutte le cose che la Natura ha creato, ha una sua ragione d’essere e, come tale, è un sentimento, un’esperienza con cui dovremmo tutti interfacciarci.

Viviamo in società che hanno adottato come linea guida il tentativo di eliminare la paura da ogni contesto, fatta eccezione delle esperienze in cui la paura rappresenta solo un’illusione – come nei film horror e nelle montagne russe. Proprio a causa di questa anomala tendenza ad allontanare la paura da ogni situazione, abbiamo iniziato ad avere paura anche della paura, esattamente come si ha paura di tutte le cose che non si conoscono. Per nostra esigenza umana, noi cerchiamo la paura, ma non vogliamo che possa realmente toccarci, quindi l’abbiamo confinata in una gabbia, oltre le sbarre, in uno zoo. Questo ha portato l’uomo moderno ad avere paura di un’infinità di cose, che qualche secolo fa non spaventavano probabilmente neanche un neonato.

Personalmente, ho avuto un approccio differente: sono andato a ricercare, per voler vivere, tutte le esperienze che più mi spaventavano. Molti hanno visto in questo una ricerca adrenalinica. La verità è che sono una persona cauta, che non ama per niente provare quel sentimento. Tuttavia, sono profondamente grato al fatto che la vita, a volte facendo succedere cose ben al di là della mia volontaria ricerca, mi abbia portato a interfacciarmi con questo tipo di esperienze, che annovero tra le più edificanti in assoluto. Per vivere un’esperienza di vita completa e soddisfacente, è necessario conoscersi e questa conoscenza è qualcosa che va sperimentato col corpo, non solo facendo sedute di psicanalisi ma sentendo davvero chi siamo di fronte alle situazioni, non solo teorizzandolo.

Conoscersi e valutarsi onestamente è importante per guardare in faccia la vera paura, quella che nasce da situazioni potenzialmente distruttive o che, in qualche modo, mettono a rischio la nostra incolumità. Per noi, che ci siamo così allontanati da un naturale modo di vivere, deve essere un percorso graduale, perché la paura è come il fuoco di una forgia: può renderci carbone, se siamo legna, così come però può temperarci, se siamo acciaio. Anzi, è solo attraverso quel fuoco che gli elementi che ci compongono diventano acciaio. Se preferite immaginarvi come un diamante, fa lo stesso, visto che il diamante è un minerale che si forma proprio dal carbonio e che, con un fuoco modesto, carbonizza ma, se sottoposto a enormi pressioni e altissime temperature, cristallizza, purificandosi in un meraviglioso minerale.

La paura, come il fuoco, è quindi l’elemento della nostra purificazione: niente come interfacciarsi con la propria morte imminente fa evaporare il superfluo per lasciare solo ciò che davvero conta. I latini dicevano per aspera ad astra, cioè attraverso le difficoltà si raggiungono le stelle. In Oriente, lo stesso concetto è rappresentato dal fiore di loto che sboccia dal fango.

Fare esperienza con la paura vuol dire imparare via via a padroneggiarla, a trasformare un mix di sensazioni indistinte che ci confonde, sovrasta e paralizza, in acuta percezione dell’attimo presente in grado di dare chiarezza di pensiero e di azione.

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